STUDI SULL'IPERTERMIA
Le proprietà terapeutiche del calore erano già conosciute nel passato: l'uso dei ferri caldi nella cura del cancro è riportato Da Galeno ed Ippocrate e ne esistono tracce anche nel 2000 avanti Cristo.
Coley nel 1983 provò ad iniettare tossine batteriche per ottenere elevati stati febbrili in pazienti con tumori.
Alcuni autori giapponesi sostengono addirittura che la bassa incidenza di alcuni tipi di tumore nella popolazione nipponica è determinata dall'uso continuo di bagni molto caldi.
La ricerca di nuove modalità di trattamento che avessero come caratteristica l'assenza pressoché totale di effetti collaterali, ha fatto rinascere l'interesse per l'ipertermia come modalità terapeutica antitumorale, a partire da ricerche di base sui meccanismi con cui il calore è in grado di uccidere le cellule tumorali o renderle più sensibili ad alcuni farmaci ed alle radiazioni.
Negli anni '70 sono stati pubblicati numerosi studi biologici, che hanno meglio precisato gli effetti cellulari provocati dal calore.
Questi studi hanno confermato l'efficacia dell'ipertermia e dimostrato il vantaggio terapeutico
derivante dall'associazione con radioterapia e chemioterapia.
La sperimentazione clinica e l'avvio dei primi studi clinici randomizzati hanno portato alla formazione, in Europa, negli Stati Uniti ed in Giappone di società di ipertermia affiliate alle organizzazioni per la ricerca ed il trattamento dei cancro.
A livello internazionale sono stati completati molti studi biologici sugli effetti del calore, nell'intervallo di temperature compreso tra 42 e 45 gradi C, in associazione con le radiazioni ionizzanti.
L'integrazione tra ipertermia e radiazioni (radioterapia) trae origine dall'attivazione di due diversi fenomeni: il calore induce un effetto citotossico diretto, dovuto alle particolari condizioni ambientali delle cellule tumorali, caratterizzate da scarsa nutrizione per via vascolare, carenza di ossigeno ed aumentata acidità; in secondo luogo il calore induce un effetto radiosensibilizzante che consente di utilizzare l'ipertermia come terapia adiuvante per distruggere cellule tumorali radioresistenti.
I dati di laboratorio derivanti dalle evidenze sperimentali, hanno mostrato un incremento di efficacia, secondo i tipi tumorali e dei protocolli terapeutici, pari a circa da una volta e mezzo a tre volte, rispetto alle sole radiazioni ionizzanti.
Dati interessanti provengono dai primi studi chimici sperimentali negli anni ottanta con più di 25 000 tumori trattati.
I risultati raccolti dagli studiosi americani ed europei testimoniano che la combinazione di calore e radiazioni nel trattamento di carcinomi squamosi del collo, di melanomi, e di carcinomi della mammella, determina un miglioramento nel controllo locale della malattia.
L'interazione tra ipertermia e chemioterapia è più complessa ed è fondata su diversi meccanismi. Uno dei principali effetti del riscaldamento sembra essere l'aumento della permeabilità cellulare, che consente una maggiore possibilità di passaggio di farmaci all'interno della cellula.
Diversi studi hanno confermato l'efficacia dell'ipertermia su grossi tumori della zona addominale e pelvica. |